Perchè anticipare?

Anticipare non è un verbo che si addice ai bambini.

Il 27 febbraio 2009 il Consiglio dei Ministri ha stabilito che, da settembre, si possono iscrivere alla Scuola dell'infanzia bambini fin dai 2 anni e 4 mesi, i cosiddetti anticipatari.

Anticipare  non credo sia un verbo che ben si adatta i bambini, anche se attualmente è ricorrente e ha rimandi estremamente positivi dalla società.
Infatti, come scrive Vittorino Andreoli, " il bambino è una realtà che nella storia è stata letta in modi assai diversi e che si è evoluta seguendo le evoluzioni della società. E si potrebbe dire che ci sono tanti concetti di bambino quante sono le civiltà e le culture".

Intanto,di quale bambino stiamo parlando?
In quale modo il bambino viene letto nel contesto sociale attuale? Come viene letto dai genitori di oggi, dagli psicologi dell'età evolutiva, dalle educatrici di nido o dalle insegnanti della scuola dell'infanzia?

I bambini di oggi sono sottoposti a continue pressioni dalla famiglia stessa, che spesso si nutre di un'immagine ideale di bambino e quindi da un lato lo sollecita a bruciare le tappe specie sul piano del curriculum scolastico, mentre dall'altro non riesce a favorirne correttamente il distacco, e a superare la vischiosità nella quale affettivamente lo irretisce.  Ci troviamo di fronte ad un bambino, spesso figlio unico, sul quale pesano forti aspettative e contemporaneamente (inconsciamente) richieste di rassicurazioni affettive: "dimostrami che fai fatica a separarti da me".
In un contesto di questo tipo il primo bisogno del bambino è un bisogno di tempo dedicato, qualificato dall'osservazione, dall'ascolto, dal rispetto.

Non credo sia utile  bruciare le tappe, iscrivendo i bambini alla scuola dell'infanzia a 2 anni e 4 mesi o alla scuola primaria a 5 anni.

Ritengo invece non solo utile ma doveroso seguire la crescita del bambino in un contesto che sappia rispondere bisogni specifici di ogni fascia d'età, rispettandone le caratteristiche e potenziandole, cioè facilitando il raggiungimento della fase successiva di sviluppo sia cognitivo che affettivo e relazionale.          

Credo che occorra ragionare su quali sono i bisogni di un bambino di neanche due anni e mezzo e chiedersi se la scuola dell'infanzia sia grado di soddisfarli.

Il bambino "dell'anticipo" evidenzia in misura ancora maggiore la necessità del riconoscimento e della risposta piena a questi bisogni. Ha il diritto di trovare un adulto accogliente, in grado di prestargli attenzione anche individuale, di aiutarlo ad inserirsi nel piccolo gruppo; un adulto che sappia cogliere ed accogliere i primi spunti di ricerca di autonomia, ma che riconosca anche il bisogno di una base sicura dalla quale lui  possa andare e venire con sicurezza.

Nei primi anni di vita i processi di crescita necessitano di mondi sociali stabili.

La stabilità delle relazioni, delle pratiche di cura quotidiana, delle attività di gioco sono indispensabili per consentire ai bambini di rendersi familiari gli eventi e le persone che li circondano.
In questo periodo è ancora presente la necessità di scandire la giornata attraverso pratiche abituali  che offrono al bambino la possibilità di orientarsi nel tempo, di sapere che cosa accadrà dopo, fornendogli la possibilità di immaginare il futuro in modo tranquillizzante, un futuro sul quale, attraverso la rappresentazione della realtà che si è così costruito, ha la possibilità di incidere, di vivere da attore, sempre più competente nel padroneggiare il contesto.

L'altra grande valenza delle tappe giornaliere, specie quelle più significative come il bagno, il pasto, il sonno, è l'essere una modalità di relazione affettiva molto forte, uno dei momenti di rapporto individuale durante il quale l'educatore è "tutto per lui/lei", e attraverso la comunicazione non verbale veicola messaggi di rinforzo dell'autostima del bambino.

La realtà quotidiana del nido è più centrata sulla cura del bambino, e le attività hanno tempi e modalità diverse rispetto alla scuola dell'infanzia. La dimensione del gruppo in cui il bambino di 2 anni viene inserito è importante; un gruppo troppo grande rappresenta spesso una realtà ancora troppo complessa. Occorre tenere presente che, in questa fascia di età, 6-8 mesi di differenza sono un tempo lunghissimo tradotto in termini di processi di sviluppo e sono anche un tempo delicato in cui le carenze, i piccoli traumi lasciano segni evidenti.

Un'ultima riflessione, è vero che i bambini "possono" non "devono" essere iscritti alla scuola dell'infanzia, che le decisioni spettano ai genitori; ma questa famosa libera scelta quanto è libera?

Sappiamo tutti che le rette dei nidi sono di molto superiori ai costi della scuola dell'infanzia, come sappiamo che le istituzioni sono in grado di soddisfare solo in parte le richieste di iscrizione ai nidi, ma è forse giusto che la scelta venga fatta su queste basi?

Inoltre i genitori di oggi vivono una fragilità di ruolo e spesso sono i primi a chiedere aiuto per riuscire a capire quali sono effettivamente i bisogni dei loro bambini.

Forse in questo caso la libera scelta marca di più la solitudine di una responsabilità tutta privata della famiglia di fronte a una de-responsabilità di una società che si trova in difficoltà in questo ruolo di supporto che chiama in campo scelte che implicano chiarezza rispetto al dove si vuole andare e al come.