La Fondazione Gualandi a favore dei sordi nasce nel 2003 dalla trasformazione dell’ antico istituto di pubblica assistenza e beneficienza sorto nel 1850 per opera dei fratelli Gualandi, Don Giuseppe e Don Cesare.

Ora, come Fondazione, è una struttura privata, che può contare sul reddito di un patrimonio accumulato in oltre 150 anni grazie a donazioni e sovvenzioni soprattutto di cittadini bolognesi per l’istruzione dei sordomuti.

La Fondazione ha nel proprio statuto come impegno prioritario le azioni orientate a una migliore qualità di vita delle persone sorde, la scelta, fin dall’inizio, è stata quella di studiare e sperimentare attività e occasioni che fossero utili al cambiamento nell’educazione e all’ampliamento di competenze dei bambini, dei ragazzi e degli adulti sordi, a partire dal confronto con operatori, insegnanti, esperti, persone sorde.

Un insieme di occasioni e servizi extrascolastici, a titolo gratuito, furono realizzati e continuano ancora oggi alla Fondazione, per bambini, ragazzi e adulti sordi per facilitare l’uso corretto della lingua italiana, per acquisire conoscenze tecniche,  per stimolare le capacità cognitive, relazionali e di scelta verso l’autonomia.

Il percorso permise anche di constatare che i livelli che i ragazzi con difficoltà uditiva raggiungevano erano spesso inferiori alle loro possibilità.  Si misero in evidenza azioni indispensabili.

Un ente privato ha infatti la libertà di pensare, sperimentare e verificare progetti e strutture per il cambiamento da suggerire  al complesso  sistema sanitario, scolastico e sociale.

Oggi sembra quasi impossibile che fino al 2009 a Bologna la diagnosi di sordità fosse realizzata spesso casualmente, a volte solo a 3-4 anni, mentre ogni risultato nell’abilitazione comunicativa e nello sviluppo di conoscenze e di competenze indispensabili per tutti si ottiene soprattutto nei primissimi anni di vita.

Nel 2006 un Protocollo di intesa della Fondazione Gualandi con l’Università di Bologna, l’ASL, il Policlinico S. Orsola-Malpighi, diede spazio a un piano di interventi coordinati e innovativi verso il raggiungimento del più alto grado di autonomia dei sordi, fin dalla nascita.

Il primo risultato del tutto rilevante è stata la realizzazione, dal 2009, dello screening audiologico neonatale  in tutti i  centri nascita dell’area metropolitana di Bologna, tanto da arrivare a diagnosi precoce di sordità e poter avere terapie e educazione in tempo utile.

Ogni ente firmatario è da allora impegnato a collaborare per la qualità di vita dei sordi, secondo le proprie competenze, coordinandosi al lavoro degli altri.

Un ente privato, oltre a realizzare progetti qualificati e strutture, può scegliere di offrirli, in un’ottica di sistema, alla cittadinanza attraverso la collaborazione prioritariamente con le amministrazioni pubbliche.

La Fondazione Gualandi ha studiato e realizzato nel 2008 un nido d’infanzia e nel 2013 una scuola dell’infanzia, per i quali ha sostenuto e sostiene tutte le spese per gli stabili e l’organizzazine, compresa la formazione degli insegnanti e il coordinamento pedagogico. 

Nella progettazione pedagogica hanno collaborato esperti degli enti partecipanti al Protocollo, e altri scelti dalla Fondazione, in una visione nuova di inclusione.

Il  progetto è stato condiviso con il Comune di Bologna, che ha convenzionato  le due strutture, per cui oggi oltre 100 bambini possono accedervi secondo le graduatorie comunali e una piccola quota di nido, che si aggira sui 25 posti, in forma privata, gestita direttamente dalla Fondazione.

La scelta fin dall’inizio è stata quella di studiare e sperimentare attività e occasioni che fossero concretamente utili al cambiamento nell’educazione e all’ampliamento di competenze dei bambini, dei ragazzi e degli adulti sordi.

Il tema dell’educazione inclusiva  è particolarmente cruciale nel momento in cui si progettano situazioni educative dell’infanzia, perché molte delle difficoltà cognitive e relazionali che le persone adulte si trovano poi ad affrontare derivano da quel che è loro mancato nel primo periodo di vita, da 0 a 6 anni, quando tutte le strutture cerebrali hanno grande plasticità e possibilità di evoluzione, come anche gli ultimi documenti della Commissione europea ci confermano (Comunicazione n. 66/2011 e Raccomandazione n. 112/2013). Negli anni successivi ogni cambiamento è più difficile.

Fare inclusione - al nido e alla scuola- non è curare e assistere ogni bambino con difficoltà per farlo diventare più simile agli altri, quasi come gli altri (infatti si parla ancora di “riabilitazione”), ma costruire una realtà che sia a sua misura, accessibile e utile a lui e per chiunque.

Occorre prevedere quindi un contesto valido per l’organizzazione degli spazi, dei materiali, dell’offerta educativa, per le modalità di lavoro, per la preparazione di tutti gli educatori e insegnanti.

E’ necessario un ambiente ricco e studiato in modo che i bambini con difficoltà partecipino attivamente alle occasioni presenti e alle sollecitazioni che vengono ricevute tramite i sensi.

Questo non vale solo per le menomazioni funzionali, ma per qualsiasi diversità: culturale, linguistica, etnica, sociale...

L’educazione inclusiva mira infatti a garantire la partecipazione di tutti i bambini e i ragazzi al processo di apprendimento, in quanto persone, e non perché appartenenti a categorie speciali.

Molti studiosi, come Urie Bronfenbrenner, ci hanno consegnato l’immagine del contesto educativo come un ecosistema, in cui tutte le persone sono legate da interazioni complesse e scambi, che producono cambiamento, evoluzione in tutti.

Ogni adulto che vive uno stato di disabilità in un certo senso viene ”disabilitato” dalla società in cui è inserito, che ha elementi di inaccessibilità a vario livello che discriminano e possono opprimere e conculcare.

Disabilità è la conseguenza o il risultato di una complessa relazione fra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui la persona vive. Questo afferma l’ICF (international Classification of Functioning, Disability and health) documento mondiale di cui si è detto molto, rimasto spesso nell’elenco dei testi di classificazione.

In questo senso l’esperienza che abbiamo fatto, prima con i gruppi di bambini e adolescenti sordi, protesizzati o impiantati, in attività extrascolastiche, poi nel nido “il cavallino a dondolo”, e infine nella progettazione e nella realizzazione della scuola dell’infanzia “Al cinema!” ci ha condotto a vedere come sia necessario promuovere un cambiamento radicale.

Molte indicazioni precise sono venute dai progressi delle neuroscienze e dalle ricerche applicate a nuove terapie protesiche. Ma non è solo il linguaggio, che nel sordo si deve sviluppare, per arrivare a possedere una o più lingue, è l’evoluzione di tutte le abilità di base necessarie per arrivare a conoscere, ricordare, progettare, ragionare, essere in relazione con tutti.

Fare inclusione - a scuola come altrove - non è curare e assistere ogni bambino con difficoltà per farlo diventare più simile agli altri, quasi come gli altri, ma costruire una realtà che sia a sua misura, accessibile e utile a lui e per chiunque.

Le scelte della Fondazione Gualandi