Ognuno di noi è unico, ma noi, come tutti gli unici con diversità siamo unici speciali

Due interviste

Lavorando e formandosi continuamente su sordità e persone sorde, capita spesso di incrociare numerosi articoli che hanno l’ambizione di descrivere il mondo dei sordi, i loro percorsi, i bisogni, le emozioni e l’impatto della sordità nella loro vita o nella famiglia.

Appena possiamo a noi piace dare spazio alle loro voci, al racconto in prima persona di chi ci concede il privilegio di una tale confidenza e ci permette di condividere le loro riflessioni .

Di seguito riportiamo le parole di due giovani donne sorde che non si sono fatte fermare dalla sordità e, pur nell’amarezza, portano avanti il loro percorso di formazione e i loro progetti per il futuro.

Una chiacchierata con E.

Mi dice subito che non mi piacerà quello che sentirò ma che va detto perché la situazione italiana va conosciuta.

Nasce udente, la sordità si manifesta a 7 anni.

I segnali: non rispondeva a richiami della madre, non evitava pericoli per strada, come, ad esempio, una moto che sopraggiungeva.

Comincia il percorso di visite  di città in città, fino alla diagnosi: sordità medio grave di origine genetica, connessina 26 recessiva.

Perché? Perché? è la domanda che spesso risuona nel racconto, non avrei dovuto averla io, secondo la scienza avrebbe dovuto manifestarsi alla 4° generazione, io sono la seconda, perché io….?

Da quel momento, dice, sono diventata sorda.

Da allora nella sua vita ci sono la logopedia e la protesi, che lei non accetta, e gli sforzi della madre che per fargliela usare le prometteva di leggerle un racconto.

Anche la scuola cambia,  in terza elementare, tutto cambia, in classe compare un insegnante di sostegno e,  in lei, la vergogna di averla accanto, cambia la percezione di sé, la percezione che gli altri  hanno di lei.

E poi le medie e le superiori, liceo classico, un percorso ambizioso ma ad ostacoli con tanta gente percepita contro, gli insegnanti, i ragazzi, nessuno comprende le difficoltà , nessuno vede e apprezza gli sforzi  e la fatica, tutti contro a  pretendere e  a dare colpi all’autostima.

Le parole che connotano il resto del racconto sono coraggio, lotta, combattere, non arrendersi, difetto, speranza,….. io ancora aspetto la cura. L’intelligenza mi ha salvato, peccato per questo difetto, ma combatto, non mi arrendo. Ho affrontato il mondo con la mente da udente, mai da sorda…

I risultati arrivano.

Superata la maturità, dove finalmente una commissione esterna ha mostrato di capire quanto è difficile pretendere che si legga sul labbra coperte dai baffi o da una mano mentre si parla, o su labbra che non scandiscono bene i suoni. Arrivano finalmente  il riconoscimento e i complimenti per la bravura e l’intelligenza mostrate.

Intraprende l’università, giurisprudenza, con il proposito di difendere chi non ha difese, i deboli e gli svantaggiati, ma l’ambiente è troppo maschilista, ostico, la scelta non è quella giusta…si cambia.

Altra città, altra facoltà, altra cultura dei sordi, finalmente un luogo dove mi sono scoperta come persona, ora sono una persona.

Non sapevo che esistesse la comunità dei segnanti e i supporti allo studio, la lis, la dattilologia, i tutor. L’Italia rimane ancora arretrata rispetto alle differenze, ai sordi, ma qui c’è già molto di più che al mio paese.

Scuola, progetti, studio, e gli amici? la vita sociale?

Gli amici a scuola erano solo quelli che come me si sentivano trattati male, gli ultimi, un gay che capiva.

Ora c’è il bisogno di confrontarsi con altri sordi, altri percorsi.

Sembra che quelli incontrati finora si siano arresi, non imparando più la lingua, oppure ci sono quelli che non sono stati fortunati ad aver acquisito la lingua  prima della sordità e ad avere una famiglia forte alle spalle,  e di più da loro non si può pretendere .

L’ambizione? Università Gallaudet dove i sordi sono persone, hanno diritti e spazio.

Anche la dot.ssa G. ci concede un’intervista rispondendo alle domande che avevano fatto discutere alcuni adulti sul tema dell’integrazione.

Link di riferimento : Un gruppo di adulti sordi discutono sull’integrazione http://www.fondazionegualandi.it/effeta

Cosa significa per te la parola integrazione ?

Integrazione vuol dire autonomia, consapevolezza personale e sicurezza nel muoversi nel mondo sociale. Integrazione è accettare il proprio “problema” e farne un punto di forza, è mostrarsi per quello che si è, non aver timore del pensiero dell’altro anche se ci influenza facilmente. È anche accettare il fatto che non tutti possono e vogliono camminare sulla nostra stessa strada, perché è in primo luogo accettare sé stessi.

Ti senti differente dagli  altri?

Mi sento “differente” dagli altri solo nel modo di parlare che è diverso e si coglie all’istante, perché è un modo di parlare che necessita di attenzione particolare.

Ho una mancanza che è l’udito, come ad ognuno di noi manca qualcosa, per cui non mi sento differente, sono una persona come le altre, ognuno di noi ha un suo percorso di vita, difficile o non.

Ti sei mai sentita differente? per cosa?

Mi sento “differente” nella frenesia della vita quotidiana quando chiedo un caffè al bar, o in farmacia, o sull’autobus quando parlo e la gente si gira con una faccia da mille domande… quando una persona non mi conosce e devo chiedere un’informazione e questa non mi capisce, non comprende quello che dico. Ma non sempre succede, non so se sia solo il livello di attenzione che poniamo all’altro di fronte a noi o se siamo cosi immersi nei nostri problemi che non c’è spazio per le diversità, soprattutto improvvise.

Cosa significa essere differenti in quanto sordi? Quali sono le differenze fra te e gli altri?

Il modo di parlare, la velocità nel girarmi a rispondere, la capacità (non sempre immediata) di comprendere ciò che dicono persone nuove soprattutto lontane da me, il parlare al telefono con chiunque…

Ma tutte queste cose che chiamiamo differenze dipendono da tre cose:

La gravità della propria sordità
Le persone che fanno parte della propria vita personale (es. genitori)
L’esercizio, l’esercizio, l’esercizio... e la volontà.

Qual é la differenza tra sordi e udenti che pesa di più?

La differenza. La differenza che a volte non dovrebbe esserci.

I tuoi insegnanti hanno mai parlato a scuola di integrazione ?

Non c’è alcun processo che porta i bambini a inglobare la parola integrazione…c’è solo una parola, un piccolo preavviso “bambini, in questa classe arriverà un/una compagna/o con un ‘problema’ che è…”

Oppure la classe formata per il primo giorno di scuola con il bambino “disabile”, “buttato lì dentro”.

Tu eri integrata a scuola?

Chiamiamola fortuna. Ho sempre avuto della classi di bambini (alle elementari, medie e liceo) che non mi hanno mai preso in giro per il mio problema, ma per cose molto più semplici es. una maglietta ecc..

Sono stata “presa in giro” a volte dai professori, dagli insegnanti di sostegno, ma non dai miei compagni/e di scuola. Né tantomeno all’università che ora sto frequentando.

Il lavoro a scuola, per quanto, mi riguarda mi ha dato il metodo di studio, la conoscenza, lo stare insieme, le regole … ma non l’integrazione, quella la impari in pratica, quella la metti in pratica tu, nessuno te la insegna perché accanto all’integrazione c’è la forza di volontà. Non è interamente colpa della società in cui viviamo.

Ma il lavoro con la logopedista? È un lavoro lungo, dura molto tempo …

Il lavoro con la logopedista dovrebbe esser fatto fin da piccolissimi o immediatamente se la disabilità uditiva è accaduta improvvisamente nel corso dell’adolescenza o dell’età adulta.

Ci vogliono anni di lavoro e volontà con la logopedista, io ho fatto 15 anni di logopedia fissa tutte le settimane, ma ancora oggi non sono soddisfatta…chissà se un giorno avrò il tempo e i soldi per migliorarmi.

Sei integrata ora tra le persone? Cosa hai dovuto superare o cambiare per essere integrata?

Cosa hanno cercato di fare gli altri per integrarti? Cosa hai fatto tu?

Nessuna diversità sarà MAI integrata.

Tocca a noi con le nostre diversità integrarci nel nostro profondo e avere consapevolezza dei propri limiti e punti di forza, giocare la propria vita su questo, sulla nostra sicurezza.

È questo che dà l’integrazione.

Ci si confronta sempre con l’ignoranza e con la paura nei nostri confronti, ma ripeto, tocca a noi esser forti, dimostrare che le possibilità ci sono anche per noi, dimostrare che quel compito possiamo eseguirlo nel miglior modo possibile.

La mia integrazione è stata anche buttarmi sempre nel mondo dei “non – sordi”, ciò non deve esser visto come un rifiuto del “mondo dei sordi” di cui farò sempre parte ma come una mia voluta apertura verso l’esterno, verso il mondo in cui io , sempre da sorda, ho vissuto e mi sono dovuta confrontare.

Mi sono sempre buttata nello sport, nei piccoli lavori doposcuola, nell’università … credo che si impari solo così la parola integrazione.

Integrazione è anche l’attenzione che gli altri ci pongono quando ci incontrano o quando ci si conosce.

Hai anche amici udenti?

Ho amici sia udenti che sordi.

Ho cari amici e amiche solo udenti, perché il percorso di vita che ho scelto è stato questo…il mondo dei non sordi.

E il lavoro? Un sordo, secondo te, può sperare di diventare un dirigente o  un insegnante?

Un sordo può diventare quello che vuole, ma ciò dipende da quanto lui si sia integrato, quanto lui sia consapevole di se stesso, quanto lui studi il proprio mondo sociale/cultura, quanto lui si sperimenti nella quotidianità.

Ma dall’altro canto dipende anche quanto “grave” sia la sua disabilità, non possiamo mai dimenticarlo.

Cosa ne pensi della vita di coppia tra un udente e un sordo?

Pensi sia possibile sposarsi e vivere bene?

Personalmente nella vita di coppia non ho mai avuto problemi, perché ho sempre conosciuto persone sensibili, penso sia possibile sposarsi, che uno sia udente e l’altro sordo.

Entrambi imparano!

Si tratta di accettare l’altro diverso da sé, amarlo per ciò che è.

Vorresti sentirti più integrata di come sei ora?

Sono felice così. A combattere sempre, come chi lo ha fatto per me quando ero piccola.

Stanca sì, delusa enormemente sì, piango sì, ma la soddisfazione va alle stelle quando arrivo alle mie mete, mete che mi pongo ogni giorno.

Anche perché è vero che ognuno di noi è unico, ma noi, come tutti gli unici con diversità … siamo unici speciali.

Esprimi un desiderio: cosa vorresti per sentirti integrata.

Non ho desideri particolari perché i miei non sono desideri che si possono avverare riferendomi alla disabilità uditiva.

Come desiderio posso “chiedere” di aver questa forza con me sempre finché vivrò per me e per chi verrà dopo di me.